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I tumori cerebrali

Le neoplasie cerebrali

Si tratta di neoplasie assai maligne nelle quali il presidio terapeutico principale resta la chirurgia.

La tendenza odierna è quella di operare nuovamente in caso di recidiva se è tecnicamente possibile. La terapia adiuvante dopo l’intervento è rappresentata dalla combinazione chemioterapia più radioterapia.

In quel frangente dignità additiva ha anche l’ipertermia nel potenziare ulteriormente l’efficacia delle due metodiche che ho precedentemente indicato. Non tutti i farmaci antiblastici riescono ad arrivare nell’encefalo (causa la presenza della barriera ematoencefalica).

Pertanto vengono impiegati solo quelli che vi giungono. Il precursore degli antiblastici ad azione nei tumori cerebrali è la carmustina, oggi impiegata raramente per l’avvento di farmaci di nuova generazione.

Essi sono la temozolomide e la fotemustina. La prima si assume in capsule (quindi per via orale), la seconda per fleboclisi endovenosa. Quando si è in presenza di malattia non trattabile chirurgicamente, la terapia si basa sulla combinazione chemioterapia più radioterapia, eventualmente potenziate con ipertermia.

Dr. Carlo Pastore

I tumori renali

I tumori renali

Si tratta di neoplasie piuttosto aggressive con tendenza a recidivare anche a distanza di molto tempo. La prognosi è fortemente condizionata dall’estensione locoregionale e dal coinvolgimento linfonodale.
Sono tumori purtroppo scarsamente sensibili ai trattamenti farmacologici anche se oggi le terapie sono in via di miglioramento con l’avvento dei nuovi farmaci a bersaglio molecolare (sunitinib e sorafenib). I farmaci tradizionalmente impiegati sono la vinblastina, l’interferone, la gemcitabina con risultati modesti.
Anche la terapia radiante risulta scarsamente efficace. Il potenziamento con l’ipertermia consente di guadagnare qualcosa in termini di efficacia. Le sedi di più frequente metastatizzazione sono il fegato, il polmone, l’osso oltre le recidive locoregionali

Dr. Carlo Pastore

Farmaci a bersaglio molecolare

Farmaci a bersaglio molecolare

L’oncologia sta cambiando. L’approccio farmacologico diventa sempre più mirato a colpire esclusivamente (o preponderantemente) le cellule tumorali.

Si è alla ricerca di bersagli sempre più specifici per evitare o limitare gli effetti disturbanti degli antiblastici “tradizionali” ed aumentare l’efficacia dei trattamenti.

Certamente non si può pensare di abbandonare repentinamente i farmaci antiblastici che sono stati impiegati (spessissimo con profitto) sino ad oggi, ma di affiancare ad essi la nuova generazione di terapie.

La cellula è entità vivente assai complessa ed i meccanismi della sua replicazione molto ben regolati. Quando tale equilibrio si interrompe si va verso la trasformazione tumorale.

E’ proprio in questi meccanismi che si cerca di intervenire con i nuovi farmaci. Modulare i segnali di crescita è fondamentale per contrastare la progressione neoplastica. Tra i farmaci di nuova generazione oltre i modulatori dei segnali di membrana abbiamo gli antiangiogenetici.

Questi ultimi farmaci bloccano o limitano la vascolarizzazione tumorale necessaria affinché la neoplasia possa accrescersi. Nelle neoplasie polmonari abbiamo a disposizione il gefitinib e l’erlotinib, nella mammella il trastuzumab ed il lapatinib, nel colon-retto il cetuximab ed il bevacizumab, nel rene il sunitinib ed il sorafenib (impiegato quest’ultimo anche negli epatocarcinomi).

Questo solo per citare i farmaci attualmente più impiegati tralasciando la moltitudine di nuovi composti in fase avanzata di sperimentazione e nuova speranza per terapie combinate e più risolutive.

Dr. Carlo Pastore

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