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Tumore: a chi rivolgersi?

Ho un tumore: a chi mi rivolgo?

La diagnosi di tumore spesso segue ad un periodo di intensi accertamenti diagnostici e di malessere. Talvolta è anche possibile una diagnosi occasionale. Sempre si ha il dubbio su come procedere. Innanzitutto è opportuno tipizzare la neoplasia. Una biopsia con successivo esame istologico è d'obbligo.

Spesso l'intervento chirurgico è il primo passo che va però programmato di concerto con l'oncologo ed il radioterapista. Per alcune neoplasie è infatti indicato procedere ad una cosiddetta terapia neoadiuvante. Essa prevede la somministrazione di chemioterapici e/o delle applicazioni di radioterapia per diminuire la massa tumorale e rendere più agevole e sicuro l'intervento chirurgico nonché il meno demolitivo possibile.

Un esempio importantissimo di chemioterapia neoadiuvante che limita i disagi postoperatori è quella che si adotta nelle neoplasie del retto. Si può in molti casi evitare la resezione dello sfintere e quindi evitare una stomia permanente. La terapia localmente diminuisce poi nel caso delle neoplasie del retto la possibilità di recidiva locale. Ben si comprende quindi l'opportunità di interazione delle varie figure mediche prima di stabilire il piano di azione. Nell'ottica dei trattamenti neoadiuvanti si colloca anche l'ipertermia.

Essa potenziando localmente l'effetto citocida di chemioterapia e/o radioterapia aiuta nella diminuzione della massa tumorale. Il pezzo operatorio contenente il tumore asportato andrà poi tipizzato istologicamente ulteriormente con completezza dell'analisi molecolare. Oggigiorno moltissime informazioni in più che costituiscono la “carta d'identità” del tumore possono essere raccolte con l'immunoistochimica e le moderne tecniche di indagine molecolare.

Queste informazioni sono fondamentali per programmare un trattamento chemioterapico il più mirato possibile e con la più elevata probabilità di successo. Dopo la chirurgia infatti si combatte con la cosiddetta malattia minima residua.

Alcune cellule possono residuare dopo l'intervento e se non abbattute crescere e metastatizzare. In questo momento dell'iter terapeutico si colloca la cosiddetta terapia adiuvante. Essa ha lo scopo appunto di tentare di ripulire l'organismo dalla malattia minima residua e di portare sotto il controllo del sistema immunitario la piccola quota di cellule malate rimasta.

Una terapia adiuvante può essere sia chemioterapica, sia radiante che ipertermica locale. Ovviamente la chemioterapia agisce in modo sistemico spandendosi in tutto l'organismo mentre le altre due terapie hanno un effetto locoregionale.

Successivamente, terminata la terapia adiuvante, si procede ad uno stretto follow-up oncologico. Tanto più serrato quanto maggiore è il rischio di ripresa di malattia anche in considerazione dell'aggressività biologica della malattia di base. Se ci troviamo invece già dall'inizio della storia di malattia di fronte ad una patologia diffusa con localizzazioni metastatiche occorre intervenire in modo sistemico da subito con la chemioterapia e se possibile eseguire in concomitanza delle terapie locoregionali (radioterapia, ipertermia).

Non è escluso che in un secondo momento in alcuni casi si possa tornare ad usufruire anche della chirurgia. Oggigiorno infatti vi è anche un nuovo approccio al paziente metastatico che non esclude a priori la chirurgia. In definitiva, molto si è fatto contro il cancro, molto si sta facendo e molto ancor più si farà..

Dr. Carlo Pastore

L'oncologo ideale

L'oncologo ideale

“Che mi sappia ascoltare”... Così esordì una paziente in ospedale.... Appena ci conoscemmo mi disse: “Fondamentale dottore è che lei mi sappia ascoltare”. Esatto, direi. Il paziente affetto da tumore necessita innanzitutto di essere ascoltato.
Porta con se un bagaglio di angoscia che si rispecchia in quelle delle persone a lui care. Inoltre spesso non vuole sapere, vuole chiedere ma senza ascoltare la risposta. Sempre nell'ottica di un approccio psicologico è necessario che l'oncologo si faccia carico dell'impostazione del percorso terapeutico collaborando attivamente con  i Colleghi delle altre discipline mediche ma restando la mano tesa verso l'ammalato; il fulcro di un rapporto esclusivo.
Scendendo nel pratico e nel clinico, l'approccio ai tumori è ovviamente oggigiorno multimodale e non mi stancherò mai di sottolinearlo. Il paziente non può essere un fegato, un pancreas, un polmone, un numero... è persona che porta in se la malattia ma che non vede l'ora di liberarsene e di dividere le sue angosce con il curante.


Dr. Carlo Pastore

La darbepoietina

La darbepoietina

Il paziente neoplastico si presenta spesso con molte problematiche correlate alla progressione di malattia ed ai trattamenti che riceve per contrastare l’avanzata della stessa.
La fatigue è quella condizione di sfibramento e di spossatezza che spesso rende il paziente inabile allo svolgimento delle attività della vita quotidiana e che può essere legata alla carenza di globuli rossi circolanti ed emoglobina.
Diversi farmaci sono adatti a contrastare questa condizione (eritropoietina alfa, eritropoietina beta e l’ultima nata darbepoietina).
La darbepoietina è una forma di eritropoietina long acting con una lunga persistenza nel circolo sanguigno con una prolungata stimolazione sui precursori eritrocitari. Tale preparato consente somministrazioni più distanziate (potendosi somministrare anche ogni ventuno giorni, esitando in una migliore compliance del paziente).
Si somministra sottocute con dosaggi variabili (150, 300, 500 microgrammi) a seconda dei giorni di distanza tra una somministrazione e la successiva.
Dr. Carlo Pastore
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