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PET, TAC o RMN?

Quali Esami: PET, TAC o Risonanza Magnetica?

In realtà non esiste una risposta univoca. Dipende da cosa si cerca. La diagnostica della malattia neoplastica si avvale di più metodologie. La PET è una delle più recenti e di più moderna concezione.

Si tratta di un esame funzionale. Esso si avvale della somministrazione di un mezzo di contrasto radioattivo (18-fluorodesossiglucosio) che si concentra nelle aree dell’organismo dove è presente più intensa attività metabolica. Le cellule tumorali presentano un metabolismo del glucosio più tumultuoso e quindi il tracciante tende a concentrarsi nel distretto corporeo dove è presente il tumore.

Purtroppo anche il tessuto infiammatorio concentra glucosio con avidità e sono possibili dei falsi positivi. Analogamente tumori con bassa attività metabolica possono sfuggire alla determinazione. Viene in aiuto l’intensità di captazione che può essere utile nel discriminare il tessuto infiammatorio da quello neoplastico. E’ importante che l’esame PET venga eseguito ad una trentina di giorni di distanza (minimo 20) da un trattamento chemioterapico, radiante o dalla chirurgia.

L’esame TC, nelle sue formulazioni più moderne con apparecchi a strato sottile e metodica spirale, consente una valutazione morfologica definendo la presenza di noduli ed il loro ingombro spaziale. Il mezzo di contrasto iodato che viene iniettato impone delle cautele essendo possibili reazioni allergiche (comunque ben dominabili).

Anche soggetti ipersensibili al contrasto possono accedere all’esecuzione delle TC con adeguata premedicazione desensibilizzante. L’esame RMN consente di definire bene i rapporti dei tessuti malati con quelli contigui. Molto utile nelle condizioni di valutazione di infiltrazione o meno delle strutture contigue. Come si può evincere l’integrazione delle varie metodiche è utile per una diagnosi precoce ed il più attendibile possibile

Dr. Carlo Pastore

Fattori di crescita

Fattori di crescita in oncologia

Durante la prosecuzione di un trattamento con farmaci antiblastici ci si confronta spesso con una situazione di riduzione del numero di elementi circolanti del sangue. La diminuzione numerica di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine può determinare disagi anche gravi per l’organismo. Inoltre la loro diminuzione porta inevitabilmente al rinvio delle somministrazioni di farmaci con interruzione dell’iter terapeutico e caduta dell’intensità di dose.

Esistono in commercio e sono comunemente impiegati dagli addetti ai lavori farmaci che contrastano l’abbattimento numerico dei globuli bianchi e dei globuli rossi. Non ne esitssno invece a tutt’oggi per le piastrine (ma sono in fase avanzata di studio ed è prossima l’immissione in commercio).

I fattori di crescita per i globuli bianchi vengono somministrati sottocute e ne esistono di due tipologie principali. Il filgrastim ed il lenograstim richiedono un maggior numero di somministrazioni (in genere 3) mentre i fattori pegilati (pegfilgrastim) richiedono una singola somministrazione.

Tali farmaci vanno iniettati a 24 ore di distanza successivamente al trattamento chemioterapico. Possono portare un innalzamento della temperatura corporea e dolori ossei diffusi; tale sintomatologia è dominabile con un comune antiinfiammatorio (ad ex. Il paracetamolo).

I fattori di crescita per i globuli rossi invece sono di diversa tipologia ed annoveriamo 3 molecole: eritropoietina alfa, eritropoietina beta, darbepoietina.

La modalità di somministrazione è variabile a seconda dei dosaggi e delle concentrazioni di emoglobina nel paziente; non danno problematiche di rilievo ma debbono essere somministrati con una supplementazione di ferro (dato per os o ev)

Dr. Carlo Pastore

Le metastasi cerebrali

I possibili trattamenti delle metastasi cerebrali

Rappresentano l’evoluzione possibile di un gran numero di neoplasie primitive di altri distretti corporei. Anche la colonizzazione del midollo spinale è spesso possibile e sottostimata.
Le metastasi cerebrali possono essere talvolta la prima spia della presenza di una neoplasia dando una sintomatologia neurologica spiccata ed eclatante. I moderni trattamenti oncologici poi consentono di prolungare moltissimo la storia naturale di molte malattie tumorali e pertanto è sempre più frequente l’osservazione di pazienti portatori di metastasi in sede encefalica.
Vari sono i possibili approcci a questa evenienza. In primis occorre valutare l’operabilità delle lesioni che si presentano. La via chirurgica infatti consente un controllo rapido della situazione con remissione rapida della sintomatologia associata alla presenza di lesioni occupanti spazio nell’encefalo con sua compressione.
La chirurgia è spesso indicata in lesioni singole, ove concomiti un buon controllo della malattia di base nelle restanti regioni del corpo.
Ovviamente la lesione(i) deve(ono) essere ben raggiungibile(i) con speranza di resezione radicale e senza grandi esiti; attenzione va fatta anche nel valutare se vi possono essere esiti fortemente invalidanti con pesanti ripercussioni sulla qualità di vita.
Altro approccio possibile è quello radioterapico. A seconda delle dimensione e della numerosità delle lesioni, nonché dell’istotipo del tumore di partenza è possibile un diverso approccio con una radioterapia whole-brain (che interessi cioè tutto l’encefalo) oppure con una radiochirurgia (radioterapia stereotassica mirata sul bersaglio con notevole riduzione della tossicità sui tessuti circostanti).
La chemioterapia ha sempre avuto in passato un ruolo marginale per la difficoltà (studi moderni dicono presunta) ad attraversare la barriera ematoencefalica ed a raggiungere quindi concentrazioni tumoricide nel tessuto cerebrale. Studi moderni dicono che nell’area tumorale la barriera è molto labile od assente ed inoltre che anche qualora fosse presente molti dei farmaci la attraversano comunque.
Esistono poi farmaci specifici che raggiungono per certo concentrazioni adeguate nell’encefalo (temozolomide, fotemustina, nitrosuree) e possono essere utili oltre che nel trattamento di tumori cerebrali primitivi anche di metastasi cerebrali da tumori di altra origine.
L’ipertermia stessa trova indicazione nel trattamento delle metastasi cerebrali. Da sola o come coadiuvante ad altre metodiche fa parte dell’armamentario terapeutico che consente l’approccio multimodale indispensabile oggigiorno nella terapia dei tumori. Di fatto attualmente anche pazienti con metastasi cerebrali possono avere una lunga sopravvivenza in buone condizioni generali.
Dr. Carlo Pastore
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