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Comunicare con il malato

La comunicazione in oncologia: Ed ora come gli/le dico che ha un tumore ?

La comunicazione in oncologia rappresenta il 90% del lavoro quotidiano. I nostri ambulatori sono sempre (purtroppo) traboccanti di persone bisognose di cure ma anche dei numerosi familiari che chiedono notizie e risultano angosciati da una diagnosi spesso improvvisa, inaspettata e terrorizzante.

Guardiamoci negli occhi: la diagnosi di tumore porta con se fantasie di morte che atterriscono. Tra familiari e pazienti si instaura quel patto ferreo basato sul non dire. Nessuno poi parlerà di cancro, tumore… ma si impiegheranno nomignoli più o meno indiretti (il mostro, quello lì, la malattia, il malaccio e molti altri).

Si pone il dilemma dell’informazione. In un epoca di consensi informati, in un epoca nella quale paziente e medico debbono concordare consapevolmente quale strategia adottare è più possibile nascondere all’ammalato una diagnosi tanto gravosa?

Direi di no… anche se spessissimo viene chiesto dai familiari e da quanti contornano il paziente di farlo. La persona consapevole del tipo di malattia e del percorso periglioso da affrontare, trova al suo interno delle energie spesso insospettate ed inizia quel percorso di convivenza ed allo stesso tempo di lotta contro il tumore.

La presenza poi continua, amichevole e discreta del curante farà il resto. Diventa una lotta a tre: paziente-famiglia-medico, alleati in una battaglia da vincere.

Dr. Carlo Pastore

 

La chemioterapia adiuvante

La chemioterapia adiuvante: di cosa si tratta ?

Frequentemente l'oncologo medico riceve pazienti direttamente dal collega chirurgo che ha provveduto alla resezione (ove possibile) della neoplasia che è stata precedentemente diagnosticata.

Un tumore radicalizzato, senza malattia residua macroscopicamente evidente, presenta delle caratteristiche biologiche e di invasione locoregionale che possono portare alla prescrizione della cosiddetta chemioterapia adiuvante.

Si tratta della somministrazione di farmaci antitumorali a scopo preventivo. Infatti, nonostante l'ottimo operato del chirurgo, è possibile che residuino nel resto dell'organismo microfoci di cellule tumorali pronte a dar origine a nuove localizzazioni di malattia.

E' una questione di numeri: è molto più facile cercare di eradicare piccoli gruppi di cellule tumorali rispetto a quantitativi più cospicui. Proprio per tale motivo è opportuno, ove vi sia indicazione, iniziare una chemioterapia adiuvante entro un mese dall'intervento chirurgico.

Certamente occorre aggiungere che l'efficacia della terapia adiuvante è legata al tipo di tumore ed alla resistenza specifica ai farmaci delle eventuali cellule residue.

 

Dr. Carlo Pastore

 

 

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