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Ipertermia oncologica: domande frequenti

Ipertermia oncologica: domande frequenti

Carlo Pastore oncologo perfezionato in ipertermia oncologicaL'ipertermia oncologica rappresenta senza dubbio un arma ulteriore nella cura del cancro. 

Il cancro è una malattia cangiante, mutevole e pertanto necessita di un approccio terapeutico multimodale.

Spessissimo i pazienti si soffermano sulla domanda: “ma nel mio caso andrà bene?”; questo mio scritto ha propriamente lo scopo di fugare per quanto possibile i dubbi di ognuno.

L'ipertermia capacitiva oncologica viene effettuata mediante delle apparecchiature che erogano in profondità una radiofrequenza a 13.56 Mhz generando calore nei tessuti che vengono attraversati dall'onda.

Il termine capacitiva si riferisce all'applicazione esterna rispetto al corpo del paziente delle sonde deputate all'erogazione della radiofrequenza.

La metodica non è invasiva, non prevede l'infissione di aghi nel corpo, non è dolorosa, è ripetibile nel tempo. Il paziente non deve stare lontano dai propri cari né durante l'esecuzione della terapia né nelle ore successive.

La durata di ogni applicazione è circa un ora, tempo di confine tra la tossicità sulle sole cellule malate e quelle sane. L'assenza di effetti collaterali di rilievo rende l'ipertermia oncologica molto utile anche in pazienti in condizioni generali precarie.

Certamente è molto meglio ed auspicabile intervenire con l'ipertermia oncologica (in abbinamento alle altre metodiche di cura dei tumori) in fase precoce di malattia. Controindicazione relativa all'impiego dell'ipertermia oncologica è la presenza di liquido ascitico o di versamento pleurico.

Dico relativa perchè si può ovviare drenando prima delle applicazioni di ipertermia oncologica i liquidi accumulati nel cavo addominale e pleurico. Controindicazione assoluta è la presenza di dispositivi elettronici di controllo del ritmo cardiaco (pacemaker e similari).

L'ipertermia oncologica è indicata in tutti i tumori solidi (dove per tumori solidi si intendono quelli non ematologici) ed in quelli ematologici (linfomi, leucemie, mielomi) che presentino dei pacchetti linfonodali conglobati (cioè degli ammassi linfatici aggregati tra loro).

L'ipertermia oncologica non entra in conflitto con chemioterapia e radioterapia, anzi ne potenzia l'effetto antitumorale (come dimostrano numerosi studi clinici internazionali).

La metodica è riconosciuta dal sistema sanitario nazionale con delle apposite tabelle di erogazione. Esistono centri pubblici e privati nei quali è possibile effettuare ipertermia oncologica.

Molto importante è assicurarsi che il medico che eroga la prestazione di ipertermia oncologica sia un medico specialista in oncologia soprattutto perchè è necessario che l'operatore conosca le tematiche oncologiche e le interazioni della radioterapia e dei vari farmaci oncologici con l'ipertermia.

Alcuni farmaci più di altri risultano direttamente poteziati dal calore erogato in profondità mentre quelli che non ne vengono direttamente potenziati beneficiano comunque della vasodilatazione locoregionale che favorisce l'afflusso dei chemioterapici antitumorali laddove serve.

L'ipertermia oncologica consente di limitare l'impenetrabilità dei farmaci nelle cosiddette “nicchie farmacologiche” cioè quelle aree dell'organismo (ad esempio encefalo e peritoneo) dove i farmaci per motivi strutturali e di vascolarizzazione arrivano poco e male.

Il numero di applicazioni minimo per poter riscontrare un effetto è 10. Si può impiegare anche quando la malattia è metastatica (cioè quando sono presenti metastasi in vari distretti corporei).

In taluni casi può non funzionare poiché le cellule possono mettere in campo meccanismi di resistenza al calore ma d'altra parte anche le altre metodiche che si impiegano in campo oncologico possono fallire.

Sono sempre dell'idea che l'unione fa la forza e che la cura del cancro non possa prescindere dall'unire tutte le armi che abbiamo a disposizione.

Dr. Carlo Pastore

L'autopalpazione del seno

L'autopalpazione del seno

autopalpazione_senoLe neoplasie mammarie purtroppo, sebbene grandissimi passi in avanti siano stati compiuti, possono ancora risultare letali.

La vera arma preziosissima è la prevenzione. Già tra le mura domestiche è possibile intraprendere un percorso personale di prevenzione.

In quest'ottica si colloca l'autopalpazione del seno, buona norma da seguire. Per eseguire correttamente questa procedura è necessario sdraiarsi sul letto e mettere un cuscino sotto la spalla sinistra.

Si mette poi la mano sinistra sotto la testa e si esplora delicatamente con le dita della mano destra la metà interna della mammella sinistra ricercando nodularità.

Quando si procede alla palpazione della metà interna del seno, si deve procedere prima dall'alto verso il basso e poi dall'esterno verso l'interno poggiando a piatto le dita della mano.

Si passa successivamente alla palpazione della parte esterna della mammella sinistra e con il braccio sinistro steso lungo il fianco la mano destra palpa la metà esterna della mammella.

Nella palpazione della metà esterna della mammella il movimento deve essere eseguito dal basso verso l'alto e dall'esterno verso l'interno.

Dopo aver effettuato la palpazione della mammella sinistra si sposta il cuscino sotto la spalla destra e si ripetono gli stessi movimenti effettuati in precedenza per l'altro seno.

Accorgimenti importanti sono evitare con le dita di pinzare la ghiandola mammaria poiché si apprezzerebbero le normali nodulazioni ghiandolari e si penserebbero essere patologiche, non effettuare la palpazione in prossimità del ciclo mestruale poiché in quel periodo si accentua la normale trama nodulare del seno, oltre la palpazione è opportuno confrontare i due seni allo specchio per notare eventuali difformità ed asperità della cute che potrebbero indicare una patologia in fase iniziale.

Le moderne metodiche di imaging radiologico (ecografia mammaria, mammografia, RMN mammaria e scintigrafia mammaria) consentono di evidenziare lesioni anche in fase iniziale; una pronta diagnosi ha certo impatto sulla prognosi a distanza.

Un medico esperto (oncologo senologo) va comunque sempre periodicamente interpellato e deve coordinare le procedure diagnostico-terapeutiche.

Dr. Carlo Pastore

Trombosi venosa profonda e tumori

Trombosi venosa profonda e tumori

violaLa presenza di una patologia tumorale comporta una alterazione dell'omeostasi (equilibrio) dell'organismo.

La malattia infatti produce tutta una serie di mediatori chimici il più delle volte responsabili di alterazioni nei vari distretti corporei che prendono il nome di simdromi paraneoplastiche.

Tra le varie alterazioni che si accompagnano alla presenza di un cancro abbiamo quelle della coagulazione e dell'endotelio vascolare. L'organismo in condizioni di benessere produce tutta una serie di sostanze che insieme alle piastrine (elementi circolanti del sangue) regolano la fluidità del sangue e riparano eventuali lesioni.

In una condizione neoplastica questo equilibrio risulta alterato ed aumenta il rischio di sviluppare una trombosi venosa, parallelamente alla ipercoagulabilità del sangue.

Taluni tumori più di altri presentano questa caratteristica (gli esempi più classici sono tumore del pancreas, del polmone e dello stomaco) e pertanto è opportuno eseguire una profilassi contro le trombosi.

Molto maneggevole per impiego e tollerabilità è l'eparina a basso peso molecolare. Una somministrazione giornaliera sottocutanea è sufficiente a ridurre drasticamente il rischio di trombosi.

Recenti studi clinici peraltro farebbero supporre un effetto antineoplastico dell'eparina stessa: un effetto indiretto.

Ci si baserebbe sul presupposto che le cellule tumorali viaggiano nel sangue avvolte e protette da piccoli coaguli di fibrina. Il dissolverli, aiuterebbe i farmaci e le terapie fisiche (ipertermia e radioterapia) a raggiungere il bersaglio.

La trombosi od il rischio di svilupparla non rappresentano controindicazione assoluta all'impiego di ipertermia. Nei casi più a rischio difatti è sufficiente impostare una adeguata e banale terapia antitrombotica.

 

 

Dr. Carlo Pastore

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